La “Cort dal Catò”

di Laura Tirelli

La struttura urbanistica dell’antico centro storico di Taino è caratterizzata dalla presenza di cortili, in genere piuttosto ampi intorno ai quali si elevano edifici uniti tra loro su tre lati. Questa tipologia della “corte aperta” è assai antica ed è sopravvisuta al passare del tempo perchè funzionale alle attività agricole praticate in larga misura e per secoli dagli abitanti di Taino. Un tempo le corti erano abitate in gran parte da componenti una stessa famiglia, ragione per cui, sono identificabili ancora oggi con il nome o il soprannome delle famiglie che originariamente lì risiedevano (vedi “voce del Dumin” 5/96).
La Cort dal Catò è ubicata tra via Mira d’Ercole e Nazario Sauro e, come dice il nome, abitata originariamente dalla famiglia Mira Catò.
Il cognome Mira e i suoi derivati, Mira d’Ercole e Mira Catò, è tra quelli più antichi di Taino e appare nei documenti storici a partire dal XVI secolo.
I Mira sono originari di Cimbro, si trasferirono intorno al 1434 a Sesto Calende poi, nei primi anni del 1500, a Taino.
Il primo Mira a risiedere a Taino fu tale Pietro, figlio di Giò Giulio.
Giò Giulio viveva e lavorava a Sesto, ma a Taino aveva preso in affitto nel 1504 due prati di proprietà del dottor Luigi Mandelli di Cannobbio per £.19 e mezzo e due capponi all’anno.
Su uno di questi fondi si stabilì nel 1532 il figlio Pietro. Qualche anno dopo, in seguito a controversie con i monaci benedettini dell’Abbazia di San Donato di cui i Mira erano affittuari, Giò Giulio ritenne conveniente anche per lui lasciare Sesto e trasferirsi a Taino e ciò avvenne sicuramente prima del 1535. In un atto redatto dal notaio Battista Visconti l’11 gennaio 1535 Giò Giulio risulta già residente a Taino con il figlio Pietro, infatti dichiara: “Io, Iulius del Mira et Petrus eius filius ambo habitatores loci Taini” L’anno successivo anche un altro suo figlio di nome Tomaso che viveva per conto proprio lasciò Sesto C e si riunì alla famiglia. Il primo documento pubblico in cui appare che il gruppo famigliare di Pietro del Mira è abitante e lavorante a Taino è il censimento del 1545, ordinato a seguito della carestia che aveva colpito lo Stato di Milano al fine di raccogliere notizie sulla popolazione, le condizioni dei raccolti e bisogni locali.

Giò Giulio Mira ebbe sette figli, tra i quali Giacomo, premorto al padre nel 1525, che lasciò tre figli: Gabriele, Battista e Baldassare. Da Gabriele nacque Cristoforo che si stabilì a Monzeglio e che ebbe il soprannome di Catone (in latino Cato), da cui derivano i Mira Catò.
Nel 1543 il Governatore spagnolo di Milano, Alfonso d’Avalos, ordinò una revisione delle quote del mensuale, che era un sussidio straordinario introdotto dall’Imperatore Carlo V per finanziare le spese di guerra e il mantenimento delle truppe.
Lo scopo di questa revisione fu di ripartire questo canone secondo la forza retributiva di ciascun abitante. Anche a Taino venne fatta questa verifica e compilato un catasto tra il 1558-60 nel quale appare per la prima volta l’appellativo Cattò (la doppia t in seguito scomparve) riferito a Cristoforo Mira, quale proprietario di 3 pertiche di aratorio
Circa ottantanni dopo troviamo segnalato nei documenti d’archivio un altro Cattò, tale Giulio Mira detto Cattò indicato quale capofamiglia nello “Stato delle anime” del 1637.
Giulio Mira detto Cattò aveva allora 37 anni ed era massaro del signor Giulio Cesare Pozzo di Arona. Abitava a Monzeglio con la moglie Jaccoma, anch’essa di 37 anni, il figlio Giovanni Jaccomo di anni 3, i nipoti Christophoro, di anni 11, Carlo, di anni 10, Giovanni Battista, di anni 3, la cognata Polissena Paretina di anni 36, le sorelle Malgarita di anni 15 e Maria di anni 10.
Nella stessa cascina, risiedeva anche Giovanni Battista Mira (dal quale discesero i Mira di Lentate) con la sua famiglia composta da sei persone, ma questi, a differenza del Cattò era massaro del conte Giovanni Serbelloni.
Giulio Mira Cattò visse in anni difficili e fu testimone del più grave episodio di violenza mai subito dagli abitanti di Taino.
Nel luglio 1636, dopo la battaglia di Tornavento avvenuta tra l’esercito francese e quello spagnolo, le soldataglie francesi si sparsero nella campagna circostante distruggendo e devastando interi paesi compreso Taino. Anche la cascina di Monzeglio dove abitava la famiglia di Giulio fu bruciata e distrutta. Il magistrato incaricato della verifica dei danni così descrisse la situazione: “alla cassina di Monsei dove anche tiene cassina il S.r Giulio Cesare Pozzo habitata da Giulio Mirra di Christoffaro si sono vedute tre stanze inferiori quali sopra havevano suo astrico con altri tre superiori con altro solaro astricato et tetto coperto a coppi et annesso una stalla armata a travi con sopra doi cassi da fieno et un portico di doi cassi coperti a coppi come sopra, il tutto si vede esser stato abbruggiato non essendovi rimaso che le mura, et in terra si vedono gran quantità di coppi rotti et legnami in carbone.”
Un quadro davvero apocalittico che ricorda le descrizioni Manzoniane del passaggio dei Lanzichenecchi.
Lo Stato di Milano passò all’inizio del 1700 dalla sovranità della Spagna a quella dell’Austria, la quale diede avvio ad una riforma censuaria. Dei delegati regi furono inviati in ogni paese per raccogliere notizie circa la natura dei terreni, la loro resa produttiva rispetto alla coltura, chi pagava i carichi fiscali, a quanto ammontasse la quota del prodotto dovuta come fitto ecc. Queste informazioni fornite dagli abitanti del luogo sono assai interessanti perchè ci offrono un quadro delle condizioni economiche e sociali di quel periodo e notizie delle famiglie che abitavano a Taino.
Nel mese di ottobre del 1722 Joannes (Giovanni) Cattò di fu Joannis di anni 43 interrogato sul suo luogo d’origine e sulla sua attività così rispose: “Son nativo ed abito in Tayno, sono lavoratore di Campagna e tengo in affitto dal sig.Duca Serbellone pertiche ottanta aratorie e pertiche cinquanta vitate ed in scorta pertiche quarantatre prato, pertiche cinquanta brughera con qualche bosconi, e Casa pagando d’annuo fitto Moggia* tre fromento, moggia dodici staia* uno segale ed altretanto miglio e per appendizii staia quattro avena e staia otto noci, caponi quattro e polastri quattro. Divido per metà la vendemmia e nell’anno presente la porzione dominicale del Vino è stata di brente* quattordici, ma negli due anni passati si è fatta puochissima vindemia attesa la tempesta. La foglia de moroni è riservata al sig.Padrone, ma non sò dire ad oncie* pel mantenimento di quante once seme de bigatti per essere gli Moroni ancor novelli. Li carichi reali si pagano dal sig.Padrone e da me gli Personali e Decima e son anni ventiquattro di tal affitto, come d’Investitura presso il sig.Padrone. Ed il da me deposto è la verità.”

Fino quasi alla fine del secolo XVIII la famiglia Mira Cattò risulta residente sempre a Monzeglio. Infatti nel Libro dei Battesimi il parroco Giò Batta Riva registra nell’anno 1730 il battesimo di Carlo Giulio Cristoforo di Giovanni “al Monzeglio” e nel 1773 il curato Giò Batta Berrini quello di Giovanni Antonio figlio di Jacopo Catò e Angela Maria Besozzi “abitanti nella cascina di Monzeglio”, località questa che i Mira Catò lasciarono probabilmente nel secolo successivo.
Nel 1690, nell’atto di giuramento al nuovo feudatario di Angera, i capifamiglia di Taino dal nome Mira Cattò sono tre, nel catastino del 1840 risultano residenti due famiglie Mira Cattò, lo stesso numero lo si ritrova nel censimento del 1870, mentre in quello del 1901 le famiglie Mira Cattò sono diventate cinque, delle quali due abitano allo Stallaccio, due in via Rossera, cioè alla “Corte dei Catò” e una a Cheglio.
La Corte dei Catò è ricordata in particolare per l’attività di scope di betulla ideata da Stefano Mira Catò, nato nel 1816 e continuata dai suoi discendenti per quasi un secolo. Loro cliente fu anche il Comune di Milano.
Stefano sposò Carola Mira d’Ercole ed ebbe tre figli:
Giuseppe, Antonio e Serafino.

La Famiglia di Giuseppe

Giuseppe, nato nel 1848 e noto in famiglia come Pa’Pep, sposò nel 1873 Giuseppina Gondi, esposta dell’Ospedale di Milano. Gli esposti erano quei bambini orfani o abbandonati che venivano affidati a famiglie contadine che si occupavano della loro crescita in cambio di un piccolo salario. Nei registri matrimoniali risultano numerose unioni con esposti degli Ospedali di Milano e Novara tra il 1858 e il 1889. Questo fatto indica che Taino era una località dove vi era la disponibilità da parte delle famiglie contadine ad accogliere i bimbi esposti, i quali, una volta cresciuti, erano considerati membri della famiglia di adozione e pienamente integrati nella comunità tainese.
Giuseppe fece il contadino e portò avanti l’attività paterna delle scope di betulla. Il suo nome appare nelle liste elettorali del 1862 quale uno dei 72 possidenti di Taino avente, secondo la legge dell’epoca, diritto al voto amministrativo.

Giuseppe ebbe sei figli: Luigia, Antonia, Luigi, Maddalena, Giovanni, Serafino. Gli ultimi tre morirono giovani di quello che si chiamava “il mal del grup”, cioè la difterite.
Luigia, nata nel 1876 fu tra le fondatrici della “Società Cattolica di Mutuo Soccorso” nel 1912, sposò Domenico Bielli ed ebbe un figlio, Giuseppe che entrato nelle Ferrovie, partecipò come “ragazzo del ’99” alla prima guerra mondiale e in seguito divenne primo capostazione della Centrale di Milano.
Antonia, nata nel 1878, fece la sarta e sposò Stefano De Bernardi, ebbe due figlie: Nuccia e Silene.
Luigi, nato nel 1882, fece il sarto ed ebbe in Taino una numerosa clientela. Da ragazzo, come tanti altri giovani, andò in America a cercare lavoro. Nel censimento del 1901 è registrata la sua assenza temporaneamente dal paese perchè emigrato come contadino bracciante in America. Sposò nel 1910 la levatrice Teresa Colombo ed ebbe due figli, Ottavio e Lia. Fu membro del Consiglio Comunale eletto nel 1914.

La Famiglia di Antonio

Antonio, nato nel 1852, sposò nel 1877 Maria Murcio, esposta dell’Ospedale di Milano. Anche Antonio si occupò dell’attività paterna delle scope di betulla. Ebbe sei figli: Maria, Giuseppina, Maddalena, Ambrogina, Enrico e Giovanni.
Maria e Giuseppina ebbero un destino assai simile: entrambe morirono giovani ed entrambe ebbero un figlio che aderì alle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale e che perse la vita in combattimento. Maria fu la madre di Oreste Paietta caduto a Corio Canavese nell’aprile 1945, e Giuseppina di Piero Paietta ucciso nel febbraio 1944 ad Adorno Micca.
Maddalena sposò il ferroviere Carlo Movalli, Ambrogina sposò Stefano Villa noto come “Boerciù”, famoso in paese quale proprietario di due giganteschi buoi da tiro. Una figlia di Ambrogina, Serafina, entrò nell’ordine delle Suore della Carità di Maria Bambina con il nome di Suor Firmina e dedicò la propria vita agli ammalati quale infermiera della Clinica del Lavoro di Milano.

Enrico lavorò in Ferrovia, sposò Teresina Monteggia ed ebbe tre figli: Leo, Carlo e Giuseppe.
Giovanni sposò Maria Movalli ed ebbe 5 figli: Stefano, Silvio, Livia, Amelia, Mariuccia e continuò la tradizione familiare della fabbricazione delle scope. Ultimo ad occuparsi di questa attività fu suo figlio Stefano, nato nel 1903. Con lui terminò l’impresa che era stata trasmessa nella stessa famiglia da una generazione all’altra per quasi cento anni.
Cosa curiosa, l’ultimo Mira Catò che si occupò di questa attività portava lo stesso nome di battesimo del primo che la ideò.

La famiglia di Serafino

Serafino nacque nel 1860, dotato di un certo talento artistico, studiò pittura all’Accademia di Brera di Milano.
Sposò Ambrosina Movalli ed emigrò in Argentina dove lì visse e lavorò per parecchi anni. Ritornò a Taino nel 1920 e si dedicò con entusiasmo alla sua grande passione: la pittura.
Serafino è infatti ricordato per le numerose opere pittoriche di ispirazione religiosa e di buona fattura che lasciò in paese.
Opera sua è l’affresco di S.Stefano in piazza della Chiesa, quelli della Pietà e S.Martino sul pilone di Viale Europa (che purtroppo il tempo e mani inesperte hanno rovinato) e gli affreschi rappresentanti la Madonna con il Bambino sulla facciata di casa Pajetta in via Piave 4 e di casa Berrini in via Mira d’Ercole. Questi affreschi sono stati successivamente restaurati, ma i proprietari hanno voluto conservare il disegno originale dell’autore.
Serafino Mira Catò ha anche dipinto le formelle della Via Crucis che si trovano nella chiesa di Cheglio.

Serafino perse la moglie e due figlie in Argentina. Il figlio maschio Enrico, nato a Buenos Aires nel 1905, lavorò alla SIAI-Marchetti e sposò nel 1929 Maria Maffini. Dalla loro unione nacque Rino che ha sposato Anna Boschini ed ha avuto quattro figli: Marinella, Enrica, Stefano e Marco.

L’Ultima Generazione

1.Discendenti di Giuseppe Mira Catò: Filippo e Michele, figli di Luigi, nipoti di Ottavio
2. Discendente di Antonio Mira Catò: Dario, figlio di Roberto, nipote di Carlo
3.Discendente di Antonio: Stefania, figlia di Mario, nipote di Silvio
4. Discendenti di Serafino: Lisa, Linda e Gloria Castagnoli, figlie di Enrica, nipoti di Rino
5. Discendenti di Serafino: Benedetta e Beatrice Mira Catò, figlie di Stefano, nipotine di Rino

Note:
* Moggio= antica misura di capacità per granaglie. Un moggio equivaleva a Staia 8, pari a litri 146,23
* Staio= misura di capacità per liquidi, pari a litri 25,18
* Brenta= misura di capacità per liquidi, pari a litri 75,55
* Oncia= misura di peso equivalente a chilogrammi 0,027233

Fonti d’Archivio:
Libri dei Battesimi e dei Matrimoni della Parrocchia di Taino
Atti Notarili Piantanida Andrea, Visconti Battista, Castiglioni Lodovico – Archivio Notarile di Milano
Elenchi Emigrati, Liste di Leva – Archivio Comunale Taino

Bibliografia:
C.Mira – La Famiglia Mira da Cimbro -1919
E.Varalli – S.Stefano Protomartire – 1980
Cedoc – Fonti e Contributi per la Storia delle Comunità di Cheglio e Taino – 1993

Si ringrazia per la gentile collaborazione:
Rino Mira Catò, Elda Armani e, in particolare, Luigi Mira Cattò per tutte le notizie e il materiale fotografico gentilmente fornito.