La cascina Roncaccio

di Laura Tirelli

Roncaccio

Riprendiamo il discorso sulle cascine di Taino che tanta parte hanno avuto nella storia del nostro paese.
Già su questo giornale si è scritto della cascina Elvira al Boesc(n.2/94), Matilde ai Ronchi(n.1/95), Monzeglio(n.5/95), San Damiano(n.1/96), è la volta ora del “Roncaccio” che come cascina però non esiste più.
Tra i cambiamenti che maggiormente hanno segnato il paesaggio tainese negli ultimi anni è proprio la scomparsa delle case coloniche. Quasi tutte le antiche cascine sono state ristrutturate e adattate alle esigenze della vita moderna. Un esempio di questa trasformazione è la cascina al Roncaccio, situata al termine di via Firenze, all’inizio della località Boscoforte, che oggi è una bella e signorile villa con parco e piscina.
Non si deve dimenticare però che quelle mura sono state un tempo testimoni della vita, delle fatiche di diverse famiglie contadine che lì hanno abitato, lavorato e dato il loro contributo alla crescita del nostro paese.
Non è stata rintracciata nessuna documentazione che attesti l’anno di nascita di questa cascina che anticamente era chiamata Cascina Vecchia. L’appellativo “Roncaccio” gli è stato dato successivamente in riferimento alla sua ubicazione. Con il termine ronco\roncaccio si intendeva una zona fertile, generalmente coltivata a vite, in posizione sopraelevata e favorevole.
Proprietà Serbelloni fu acquistata dall’ing. Carlo Berrini nel 1906, in seguito passò al marchese Gaspare Corti alla cui famiglia appartenne fino al 1966, anno in cui il conte Aldo Borletti acquistò una vasta area in località Boscoforte, inclusa la cascina. Nel 1980 fu venduta dalla vedova Borletti ad architetti milanesi che l’hanno completamente ristrutturata trasformandola nell’attuale residenza a più appartamenti.
Una notizia relativa alla cascina al Roncaccio è riportata sul giornale “Il Resegone” di Lecco nel marzo del 1912. Il giorno 14 scoppiò casualmente un incendio nel fienile della cascina che si propagò in breve tempo a tutto il fabbricato.” Fortuna volle che scoppiasse prima di notte”,dice il cronista,” altrimenti gli abitanti e specialmente il vecchio infermo Marco Mobiglia, avrebbero corso un serio pericolo essendo il fienile contiguo alle camere e la scala dalla parte del fienile. Si fece appena in tempo a mettere in salvo il bestiame, tutto il resto andò distrutto dalle fiamme. Tanto il proprietario ing.Carlo Berrini, quanto l’affittuario Mobiglia sono assicurati” Tutta la gente del paese, richiamata dalla campana a stormo, salì al Roncaccio per aiutare a spegnere l’incendio.
La cascina fu poi ricostruita e l’edificio attuale ha conservato esternamente la sua struttura di base tipica della casa colonica tainese, consistente in un lungo corpo rettangolare a due piani, suddiviso originariamente in tre grandi locali al piano alto con attiguo deposito per il fieno e altri tre al piano terra con annessa cantina e stalla.
Una scritta primeggiava a grandi lettere sulla facciata centrale: “Dalla terra ogni bene – nei campi la vita”. probabilmente eredità dell’epoca fascista quando su un gran numero di case coloniche italiane vi erano motti inneggianti alla vita dei campi. Questa frase che alle nostre orecchie suona oggi un po’ retorica, esprime, con il suo riferimento all’importanza della terra e alla coltivazione dei campi, il ruolo fondamentale svolto dai contadini nell’economia di Taino e l’apporto dato alla cultura del paese dall’inserimento di famiglie di agricoltori provenienti da altre località.
Tra coloro che abitarono e lavorarono al Roncaccio vi furono, all’inizio del secolo, le famiglie dei fratelli Stefano e Luigi Ghiringhelli, poi i Mobiglia(Giovin) che subirono l’incendio e che in seguito si trasferirono a Monzeglio.Il capofamiglia, Marco (Pa’Marchin), era anche il”sateroo” del paese, aveva cioè il compito di seppellire i morti. Con lui viveva il figlio Enrico e la nuora Giuditta. Enrico lavorava come muratore stagionale in Francia. Nel 1922 al Roncaccio giunse la famiglia Boca, proveniente da Carpignano, paese originario dell’allora medico condotto, dott.Innocenzo Bonenti che dal Piemonte fece venire a Taino alcune famiglie contadine per lavorare le sue terre.I Boca si trasferirono poi alla cascina “alla Piana”, presso il laghetto dove il dott.Bonenti aveva creato, unica nella nostra zona, una
risaia. Al Roncaccio abitarono poi i Ferla e nel 1928 la famiglia Fantin, originaria di Marostica nel Veneto. Francesco con la moglie Vittoria Corso e i loro 5 figli presero in affitto le terre del marchese Corti con un contratto a mezzadria. Nel 1941 subentrarono i Vavassori. Paolo Vavassori con la moglie Regina Baroncelli e i 7 figli provenivano da Ticengo in provincia di Cremona, dalla stessa provincia, precisamente da Casaletto di Sopra, sono originari anche i Signorelli, ultima famiglia contadina a risiedere nella cascina. Giacomo ed Angela Signorelli con i loro 8 figli giunsero a Taino nel 1951. La provenienza dalla stessa provincia delle due ultime famiglie contadine del Roncaccio non è casuale in quanto la proprietaria di allora, la marchesa Laura Corti, aveva dei possedimenti nel cremonese.
Fino agli anni ’60 la zona del Roncaccio era tutta coltivata: un grande frutteto si estendeva per circa 17 pertiche, sicchè peschi, ciliegi, prugni e vigne erano al posto dell’attuale bosco. Il paesaggio era quindi completamente diverso da quello che è oggi.
Il frutteto venne poi, nel 1976, sostituito da vivai di azalee.
Il colle del Roncaccio offre, nel periodo della fioritura, un magnifico spettacolo di colori: un tempo era dominante il bianco/rosa degli alberi da frutta in fiore, poi il rosso/viola delle azalee e, anche oggi, sebbene il numero dei vivai sia stato ridotto, la varietà delle sfumature di colore delle piante rende assai gradevole il paesaggio di questa località.
Non solo l’ambiente naturale si è modificato nel tempo, cambiamenti sono avvenuti anche all’interno delle famiglie. Il fenomeno più vistoso di questi ultimi decenni a Taino(e non solo) è l’abbandono quasi totale dell’attività agricola. Quando la famiglia Signorelli si stabilì qui negli anni ’50, la popolazione locale era impiegata per metà nell’industria e per metà nell’agricoltura. Gradatamente la coltivazione dei campi fu abbandonata e anche le ragazze Signorelli, Maria, Rina e Bettina lasciarono il lavoro nei campi per la Filatura Butti. Bettina poi fu guardarobiera per moltissimi anni della marchesa Lisa Corti, ultima nobile proprietaria del palazzo di Taino e che Bettina ancora oggi ricorda con affetto.
Dei figli maschi solo Tobia e Giannino continuarono a lavorare la terra, ma in modo molto diverso da come avevano fatto i loro genitori. A Tobia si deve la creazione dei vivai di azalee al Boscoforte. Sostenuto e incoraggiato dalla contessa Borletti, Tobia mise tutto il suo impegno, la sua volontà e la sua forza per far crescere e sviluppare i vivai, i fiori erano la sua grande passione, il centro stesso della sua vita, li curò sempre con attenzione instancabile. Anche il più giovane dei maschi Signorelli, Giannino, ha continuato la tradizione di famiglia occupandosi della sistemazione di giardini e della cura del verde.
Tutti i Signorelli, ormai tainesi da due generazioni, sono ben inseriti e conosciuti in paese, in particolare la più giovane, Amalia, che da anni lavora nella nostra Scuola Materna, per la quale tutti, genitori, insegnanti e piccoli, provano un grande affetto.

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