di Laura Tirelli
I sarcofaghi sono l’unica testimonianza della presenza della civiltà romana nel territorio di Taino. Tre sono stati ritrovati, all’inizio del secolo, a Cheglio in località S. Damiano e uno in zona Prati Bassi. Ad eccezione del sarcofago usato come vasca per la fontana di via Marconi (di cui abbiamo pubblicato la foto nel n°.1/98), gli altri sono situati in giardini di case private.
Essi sono comunque patrimonio della storia e della cultura collettiva di Taino perchè per oltre sette secoli la popolazione che abitava il nostro territorio si è formata ed è cresciuta secondo i modelli e i valori della civiltà romana.
foto 1
Coperchio di sarcofago di un bambino, ritrovato in zona Prati Bassi e usato per molti anni come abbeveratoio per gli animali.
(Giardino Villa Mira – via Genova)
foto 2
Grande sarcofago su cui è indicato il nome del proprietario (giardino casa Berrini-Tresca – via Ronchi)
e il suo coperchio (giardino villa ex-Rigamonti – via Milano)
Il Processo di romanizzazione
La romanizzazione del nostro territorio ha avuto luogo sul finire del III secolo a.C. quando i Romani sottomisero definitivamente le tribù stanziate a nord del Po, gli Insubri e i Cenomani.
Mentre nei territori a sud del Po i Romani attuarono una occupazione diretta sterminando o deportando le popolazioni galliche vinte e assegnando le loro terre a nuovi abitanti, nelle zone a nord del Po, compresa quindi anche tutta l’area del Ticino e del lago Maggiore, adottarono una differente strategia: si limitarono a controllare le genti sottomesse o amiche con una serie di trattati (foedera aequa) che ne rispettavano l’autonomia.
Il processo di romanizzazione si attuò quindi in forma graduale e pacifica, senza una completa rottura con le tradizioni precedenti.
I popoli pre-romani che avevano popolato la nostra zona erano un insieme di vari gruppi o clan con una struttura sociale aristocratica-feudale caratterizzata dalla sostanziale scarsezza di città. Questo insediamento “disperso” si conservò anche in epoca romana. Si passò dalle forme degli antichi clan gallici alle grandi proprietà romane.
Per quanto riguarda Taino è probabile che fosse un “vicus” cioè parte di un comprensorio geografico in cui si era insediato un determinato clan o gruppo di famiglie legate da vari vincoli,tra cui importantissimo quello religioso, e che in epoca romana assunse la struttura di insediamento agricolo con a capo una o più famiglie aristocratiche – i “Tacinus o Taginius” per esempio, da cui è probabile derivi il nome del paese – che possedevano la terra, avevano servi, dipendenti salariati e clienti (ambacti).
I sarcofaghi ritrovati a Cheglio e ai Prati Bassi sono la dimostrazione della presenza di insediamenti abitativi che con molta probabilità avevano una loro necropoli.
foto 4
Sarcogago di grandi dimensioni con disegni ornamentali
(giardino Palazzo ex-Serbelloni-Corti)
Riti funebri
Il rito funebre usato prevalentemente dai Romani soprattutto nel periodo più antico, fu quello dell’inumazione in casse di lastre di pietra, i sarcofaghi appunto. In seguito si affiancò il rito della cremazione: il cadavere veniva bruciato su una pira di legna e i resti erano raccolti nell’urna cineraria. Una tomba a cremazione del I secolo d.C. fu rinvenuta nel 1978 anche a Taino in via Torino nel corso di uno scavo edilizio, ma che purtroppo è andata perduta. Dal II-III secolo d.C. ritornò pratica diffusa l’inumazione anche per l’influsso del Cristianesimo.
I cittadini romani più abbienti facevano incidere sul sarcofago il proprio nome, quello della famiglia di appartenenza e, se molto ricchi, anche il proprio ritratto o figure e immagini simboliche. I sarcofaghi erano sotterrati in aree funerarie situate fuori dal perimetro urbano, lungo vie suburbane in luoghi recintati simili a giardini. Nella tomba veniva deposto anche un corredo per il viaggio del defunto nell’Oltretomba: una moneta per pagare il pedaggio a Caronte per attraversare il fiume infernale, una lucerna, dei recipienti con cibo e bevande, qualche oggetto d’ornamento e d’uso personale come anelli, bracialetti, fibule, balsamari, coltelli ecc.
Alcuni facevano, ancora in vita, un lascito alle associazioni cittadine perchè dopo la morte, con la rendita annuale, fossero celebrate cerimonie funebri (banchetti e libagioni accompagnati da lodi e canti per il defunto) presso la loro sepoltura in occasione di determinate feste: le “Natalia” nell’anniversario della loro nascita, le “Parentalia” nel giorno dedicato ai Morti, le “Rosalia” nel mese di maggio, quando si portavano le rose sulle tombe, le “Vindemialia” nella seconda metà di settembre, al momento della vendemmia.
I sarcofaghi romani presenti a Taino sono, come si può ben comprendere, qualcosa di più di semplici tombe vuote, sono il documento in pietra dei riti e degli usi di quella antichissima civiltà che ci ha preceduto e di cui noi ne siamo, anche se alla lontana, i discendenti.
Riferimenti Bibliografici:
– G.Pedrizzetti, Taino Storia, 1986
– L.Caramella, R.Papalia, “Finis Sepriasca” Il Territorio tra il Ticino e l’Olona, 1993
– L.Alpago-Novello, L’Età Romana nella Provincia di Belluno, 1998
foto 5
Coperchio del sarcofago situato nel giardino del Palazzo
ex-Serbelloni-Corti