di Gianluigi Bielli
con precisazioni araldiche e storiche di Paolo Tirelli
Sulla parete esterna della nostra chiesa inizieranno quanto prima i lavori di affresco della nuova “meridiana”. L’opera, donata dall’associazione Pro Loco Taino, sarà realizzata al posto di un preesistente orologio solare cancellato dal tempo.
Come quello originale avrà il motto “sine sole sileo” e conterrà lo stemma della nobile famiglia Serbelloni, feudataria di Taino e principale contribuente alla realizzazione dell’attuale chiesa parrocchiale (1873-1874).
E’ stata questa l’occasione di una ricerca araldica. Su segnalazione di Vittore Piovella e Marco Zingaro ho trovato notizie dello stemma Serbelloni.
L’insegna gentilizia ricorda alcune delle numerose e gloriose vittorie riportate dal Gran Gabrio, e da altri personaggi del casato. Lo stemma araldico dei Serbelloni, come peraltro quello di tutte le grandi famiglie patrizie, trae origine da espisodi storici, talvolta leggendari, ma supportati da realtà documentabile.
Le notizie storiche, conservate negli archivi della famiglia Serbelloni, confermano che i principali titoli nobiliari furono acquisiti da Gabriele, detto il Gran Gabrio, che fu un grande capitano e ingegnere militare, strenuo difensore dell’Europa contro l’invasione turca, nato a Milano nel 1508 ed ivi deceduto nel 1580. Iniziò la sua carriera militare come Cavaliere dell’ordine di Malta, e, nominato priore d’Ungheria, fermò i Turchi nella battaglia presso la città di Strigonia nel 1543 quando il regno ungherese venne invaso da Solimano, sultano dell’impero ottomano. Tre anni dopo passò al servizio dell’imperatore Carlo V. Chiamato in Italia nel 1549 in soccorso del marchese di Marignano, Gian Giacomo de’Medici, che faceva guerra per conto di Firenze a Siena, riuscì a conquistare la città. Nel 1560 prese il comando delle truppe della Chiesa durante il papato di Pio IV. Nel 1565 fu incaricato da Filippo II, re di Spagna, di fortificare varie città del regno di Napoli. Partecipò alla grande azione di don Giovanni d’Austria contro i Turchi ed ebbe gran parte nella vittoria di Lepanto (1571). Vicerè di Sicilia, difese Tunisi dai Turchi; caduto prigioniero, poi riscattato, militò ancora nelle Fiandre e contribuì alla presa di Maastricht. Fu capo delle artiglierie dell’armata spagnola. Come ingegnere militare rafforzò le fortificazioni di Malta e progettò per Tunisi un forte che fu costruito in epoca successiva.
L’arma dei Serbelloni quale appariva nei primi decenni del 1700 è composta da una parte centrale, denominata scudo, ai cui lati si trovano le bandiere; nella parte bassa si possono osservare tre scudetti. Il tutto è racchiuso da un manto reale sormontato da una corona da Duca e dal gonfalone della Chiesa di Roma. Lo scudo risulta partito in riquadri caricati al centro da scudetto: nel primo e nel quarto c’è un albero verde sostenuto da due grifoni rossi coronati d’oro, affrontati; nel terzo e nel sesto in campo argento ci sono tre bande rosse. Nel secondo e nel quinto la croce rossa in campo bianco è lo stemma di Milano: il privilegio di fregiare lo stemma di famiglia con la doppia arma di Milano fu concesso nel 1587, in perpetuo, ai discendenti di Giovanni Pietro Serbelloni e di Gran Gabrio Serbelloni, rispettivamente padre e fratello del cardinale Giovanni Antonio Serbelloni per i benefici che questi aveva ottenuto da Papa Pio IV in favore dei milanesi.
Al centro dello scudetto vi è, in campo oro, un cervo slanciato e coronato. E’ questa un’antica arma dei Serbelloni il cui nome deriva appunto da “cervo” che in lingua spagnola antica si diceva “cervellon” (pronunciato “serbeillon”).
La corona reale sopra la testa del cervo fu concessa, per speciale privilegio, dai re di Aragona.
Parte destra:
– la prima bandiera turca a righe blu e rosse con cinque mezzelune e sette stelle col motto “Profligatis Turci 1574” ricorda una delle molte battaglie condotte e vinte dal Gran Gabrio nel nord Africa contro i Turchi;
– la seconda bandiera a righe bianche e azzurre con una torcia accesa e con il motto “Deletis Aviniorum liberatorum hostibus” ricorda che Francesco Fabrizio Serbelloni, fratello del Gran Gabrio, nel 1562 liberò Avignone dagli eretici Ugonotti;
– la terza bandiera con due mani in campo bianco bordato di rosso che stringono una borsa rossa col motto “Devictis Ugonottis 1567” si riferisce anch’essa ad azioni vittoriose dei Serbelloni durante la guerra di religione francese.
Parte sinistra:
– la prima bandiera turca a strisce gialle e rosse con cinque mezzelune e teste di moro col motto “Tuneto defenso 1574” ricorda la difesa di Tunisi del 1574 contro i Turchi, vittoriosamente condotta dal Gran Gabrio nella sua qualità di Gran Capitano e Vicerè di Sicilia;
– la seconda bandiera con serpe che si mangia la coda in campo bianco bordato di giallo col motto “Confracto Rovanii ducis exercitu 1628” ricorda che il conte Giovanni Serbelloni sconfisse nel 1628 in Valtellina, per conto del cattolico re di Spagna, Filippo IV, l’esercito del duca di Rohan (Rovanii ducis) difensore degli eretici protestanti. L’anno dopo la Lombardia verrà invasa dai Lanzichenecchi e martoriata dalla peste descritta dal Manzoni;
– la terza bandiera con un corno di musica in campo bianco bordato d’azzurro col motto “Auriaco expugnato 1562” ricorda la battaglia del Gran Gabrio nelle Fiandre contro il principe d’Orange.
Nella parte bassa dello scudo si notano tre scudetti rossi, caricati di bianco: il primo di Roma rappresenta l’appartenenza alla cittadinanza romana, concessa in perpetuo alla discendenza del Gran Gabrio e di suo fratello Francesco Fabrizio, nel 1563; il secondo di Malta rappresenta l’appartenenza all’ordine dei Cavalieri di Malta, difensori della Cristianità e della Chiesa di Roma; il terzo è l’arma dei Cavalieri di Malta e ricorda la dignità di gran croce conferita al Gran Gabrio nel 1562.
Infine, sotto i tre scudetti si possono vedere due canoni, frecce, tamburi e trombe di guerra, un elmo e mazze con spuntoni, ricordi ulteriori della partecipazione di vari membri della famiglia, in differenti epoche, a numerose imprese militari.
Interessante è la presenza qui ben motivata di due cannoni: uno ricorda la gloriosa partecipazine del Gran Gabrio nel 1571 alla battaglia di Lepanto e il dono fattogli da Don Giovanni d’Austria, comandante supremo della flotta europea, di un importante cannone turco catturato nel memorabile scontro navale; l’altro allude alle vittorie conseguite contro l’armata ottomana nella campagna in nord Africa del 1574, caratterizzata dalla gloriosa difesa di Tunisi. Il manto reale con corona che adorna l’intero stemma indica il titolo di Granduca (di Spagna) concesso a Gabrio Serbelloni nel 1710 da Carlo III d’Asburgo (divenuto poi Carlo VI imperatore del Sacro Romano Impero), mentre il gonfalone della Chiesa, posto sotto la corona e rappresentato da due chiavi Pontificie, argentea e dorata, ricorda la carica di Gonfaloniere (Generalissimo) delle truppe pontificie attribuita nel 1560 a Gran Gabrio Serbelloni da Papa Pio IV, Giovan Angelo de’Medici, che, non casualmente, era anche suo cugino.
Successivamente l’arma dei Serbelloni si fregiò del “Toson d’oro”, che qui non compare, concesso dall’Imperatore del Sacro Romano Impero, Giuseppe II, nel 1765 a Giovan Battista Serbelloni, conte di Castiglione Lodigiano, grande generale di cavalleria, per oltre 20 anni a capo delle armate imperiali nelle campagne combattute in Italia e in Germania nei cruciali anni della guerra di Successione Austriaca. Nominato Feld Maresciallo, colonello proprietario di un reggimento di corazzieri e Comandante Generale Imperiale in Lombardia, ottenne l’eccezionalmente ambito ordine del Toson d’oro per i suoi innumerevoli servigi resi all’imperatore Carlo VI e poi a sua figlia Maria Teresa d’Austria.
foto 2 (in grande al centro)
Ritratto di Carlo VI d’Asburgo, imperatore dal 1711 al 1740, che concesse il ducato alla famiglia Serbelloni. Il titolo di Duca di S.Gabrio passò nel 1858 a Giuseppe Marco Serbelloni, feudatario di Taino e poi alla figlia di lui, Maria, quale ultima discendente del casato.
foto 3
Ritratto di Giovanni Battista Serbelloni con in pugno il bastone da Maresciallo e al collo il “Toson d’oro”. L’arma di Giovanni Battista Serbelloni riporta il tradizionale scudo dei Serbelloni, caricato al centro di scudetto al cervo, avvolto nel manto e sormontato dalla corona ed è, in questo caso, contornato dal collare dell’ordine del Toson d’oro, in cornice a volute poggiante su due bastoni da Maresciallo incrociati.