Il setificio A.Gibert & C.

di Laura Tirelli

Taino è stato per secoli un paese esclusivamente agricolo con pochi commerci e piuttosto povero. La terra non era sufficiente a sfamare tutte le famiglie e gli uomini dovevano emigrare all’estero in cerca di lavoro: in Svizzera, in Francia e anche oltre oceano.
E’ stato il processo di industrializzazione a portare radicali trasformazioni e un notevole miglioramento nelle condizioni di vita dei tainesi.
La primissima fabbrica funzionante a Taino fu un piccolo incannatoio e straccannatoio di seta aperto intorno alla metà del 1875 dal sig. Pietro Morardet di Milano. Fu attivo per circa un anno e mezzo fino al principio del 1877. Erano impiegate 60 operaie di cui 6 bambine inferiori agli anni nove, 42 ragazze di età compresa tra i 9 e 16 anni e 12 dai 16 ai 25 anni con un orario di lavoro di 12 ore giornaliere. Di questo primo opificio non si hanno altre notizie nè si sa dove fosse ubicato.
Sappiamo invece con certezza che nel 1888 si installò a Taino il setificio A.Gibert & C. e che era situato nel centro del paese in un edificio,all’epoca, di proprietà della famiglia Lucioni in via della Torre, chiamata poi via Giuseppe Serbelloni e ora via O.Paietta. Era un edificio a due piani di quattro vani che nel 1960 fu sventrato e ristrutturato mantenendo però la forma originaria. Ora vi si trovano il panificio Giudici e alcuni appartamenti.
La lavorazione della seta era una attività molto importante nel Varesotto e anche a Taino, come già detto in altre occasioni, diffusissimo era l’allevamento del baco da seta.
Molto forte era, a cavallo del secolo, l’industria serica francese, particolarmente sviluppata nella città di Lione e molti imprenditori d’oltralpe, disponendo di maggiori capitali degli italiani, aprirono nel nord Italia filande e filatoi trasferendo poi la produzione a Lione.
Il francese Augusto Gibert nel 1867 aprì a Milano in via Brera 18 una ditta per “l’acquisto e vendita di lavoranzie di seta”. I suoi discendenti Adolfo e Carlo proseguirono l’attività creando una serie di piccoli stabilimenti per la lavorazione della seta sparsi in varie località dell’Italia settentrionale: in Brianza, a Borgoticino, a Pombia, Ispra, Angera e Taino.
Uscita dalla filanda, dove avveniva la prima fase di lavorazione dei bozzoli, la seta greggia era sottoposta a successive operazioni per poi accedere alla tessitura e alla tintura. Nella fabbrica di Taino, che era un filatoio o anche detto “opificio per la torcitura della seta”, si effettuava la seconda fase di lavorazione della seta greggia: l’incannatura (sistemazione delle matasse su appositi rocchetti), e la torcitura, operazioni che si svolgevano al piano terra dell’edificio, la binatura e la finitura al primo piano.
A Taino vi era lo stabilimento principale e qui veniva convogliata anche la produzione di Angera ed Ispra e il tutto poi inviato a Milano nei magazzini di via Parini.
Le maestranze erano donne e ragazze anche giovanissime. Luigina Mira, nata nel 1895, ricorda che fu assunta alla Gibert all’età di undici anni e mezzo e che per poter raggiungere i fusi doveva salire su uno sgabellino. Lo stabilimento dava lavoro nel 1898 a 117 operaie di cui ben 32 erano ragazzine minori di 15 anni. La legislazione dell’epoca sul lavoro dei minori prevedeva che al di sotto dei 13 anni non fosse concesso il libretto di lavoro, era però una regola poco rispettata e quando vi era un controllo le ragazzine venivano nascoste. Luigina veniva chiusa in un armadio in mezzo allo scarto del filatoio. Dalle denunce di esercizio presentate alla Prefettura della provincia di Como risulta che dal 1900 in poi l’opificio impiegava una media di 70\80 lavoranti.
Si hanno altre notizie della Gibert dal parroco Don Gadda che riporta nel Liber Chronicus di uno sciopero che le ragazze del Filatoio fecero il 18 aprile 1901 perché scontente del trattamento e della paga. Il salario medio giornaliero era di 65 centesimi per le ragazze sotto i 15 anni e di £.1,25 per le donne dai 21 ai 55 anni con un orario di lavoro che durava dalle sei del mattino fino alle sei e trenta della sera con solo un riposo di un quarto d’ora al mattino e di un’ora per la colazione. Don Gadda si recò a Milano per cercare di ottenere dalla proprietà dei miglioramenti per le lavoratrici; riuscì solo ad avere una riduzione di orario e la promessa vaga di un aumento di mercede. Carlo Gibert, che si occupava del filatoio di Taino, non era persona molto generosa, e le sue operaie gli avevano affibbiato il soprannome di “Cugià bus”(cucchiaio buco).
Il primo direttore della A.Gibert &C. fu Giuseppe Ausenda di Treviglio, sostituito nel 1904 da Giacomo Butti. Nato a Visino in Brianza, Giacomo Butti apparteneva ad una famiglia che si occupava da generazioni della lavorazione della seta. Prima di giungere a Taino era stato direttore del setificio Strazza di Castelletto Ticino. Nel 1902 sposò Maria Bogni di Sesto Calende. Dall’unione nacquero sei figli e tutta la famiglia compreso zia, nonna e due sorelle abitò fino al 1921 nella casa della Torre in piazza Paietta confinante con il filatoio. Anche la moglie Maria Bogni lavorava alla Gibert come maestra.
Donna molto religiosa, nonostante il lavoro e la famiglia, trovava il tempo di occuparsi dell’assistenza ai poveri e ai bisognosi. Fece parte per molti anni della S.Vincenzo insieme alla Maria del Micat (Maria Berrini) e alla Maria del Mocet (Maria Molina). Queste tre signore, chiamate amichevolmente le tre Marie, aiutarono molta gente.
Oltre al direttore, l’unico altro lavoratore di sesso maschile presente alla Gibert, fu il fuochista Giuseppe Tonella, noto in paese come il “Pin della Macchina” che si occupava della caldaia a vapore, unica fonte di energia per il funzionamento delle macchine; all’epoca non vi era ancora la corrente elettrica e per l’illuminazione nello stabilimento si utilizzavano le lucerne a petrolio. Giuseppe Tonella nacque nel 1869 alla cascina Crera (nota come Crela) e all’età di 19 anni fu assunto alla Gibert presso la quale lavorò per 24 anni. Sposò Maria Mobiglia nel 1891 ed ebbero sei figli. Il suo orario di lavoro era pesantissimo dalle sei del mattino alle dieci di sera con una retribuzione di £.60 mensili.
La ditta Gibert chiuse la propria attività a Taino nel 1914 a causa della grave crisi del mercato della seta derivata dalla introduzione del rayon, un filato artificiale a basso costo.
Don Gadda scrisse nel Chronicon in data 6 novembre 1914: “il setificio Gibert nei giorni scorsi ha comunicato che a causa della crisi si vedeva costretto a ridurre le paghe. Essendo le operaie entrate in sciopero il proprietario pensò di risolvere la questione chiudendo lo stabilimento”. Taino era però ormai avviato sulla strada dell’industrializzazione; in quello stesso anno iniziò a funzionare al Campaccio la ditta Davey Pickford Smith, la Polveriera, che per quasi sessant’anni è stata la principale fonte di lavoro in paese e le cui vicende ne hanno segnato la storia.
Il fuochista della Gibert, Giuseppe Tonella, una volta chiuso lo stabilimento, collaborò alla costruzione della Polveriera trasportando con un carro trainato dai buoi i mattoni per la costruzione degli edifici e dei terrapieni. Luigina Mira fu tra le prime operaie assunte alla Davey Pickford Smith, esattamente la quinta iscritta nel libro paga. Giacomo Butti con la moglie aprì nel 1925 uno stabilimento per la lavorazione del filato di cotone, attività che proseguirono i figli e che è tuttora presente in paese.

Fonti:
Archivio Camera di Commercio di Milano
Archivio Comunale di Taino, cart. 22 e 86
Liber Chronicus – Parrocchia di Taino
Testimonianze di: Luigina Mira, Franco Butti, Carlo Tonella

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